Salta navigazione
Macerata
[t] Apri la barra con i tasti di accesso   [x] Nascondi la barra con i tasti di accesso   [1] Contrasto normale   [2] Contrasto elevato   [3] Testo medio   [4] Testo grande   [5] Testo molto grande   [n] Vai alla navigazione principale   [p] Vai al contenuto della pagina   [h] Home page

Contenuto principale

Chiesa di Santa Maria delle Vergini

via Pancalducci 31

Tra le più belle chiese di Macerata, essa si trova fuori dalle mura cittadine, nel luogo ove, sin dal 1355, esisteva una piccola chiesa dedicata proprio alla Madonna dei Vergini, probabilmente utilizzata da una congregazioni di giovani vergini laici, forse di ambo i sessi.
Agli inizi del XVI secolo, tuttavia, essa si trovava in condizioni fatiscenti, al punto che nel 1510 essa passò in custodia ai vicini frati agostiniani del santuario della Fonte. Nel 1547 i frati decisero per il suo abbattimento, e ottennero il permesso da parte del Comune, a patto che si fosse conservata la piccola dove, nel 1533, vi era stato collocato l’affresco della Madonna delle Vergini.
Un fatto miracoloso, però, cambiò i programmi dei frati.
Il 10 aprile 1548, ovvero nel giorno di Pasqua di quell’anno, la Vergine apparve ad una fanciulla del luogo, Bernardina di Bonino, chiedendo che ogni sabato fossero eseguite processioni dalle giovani maceratesi, come redenzione dai peccati della città.
L’eco del miracolo si spanse rapidamente, al punto che i frati tornarono sulla propria decisione e avviarono la costruzione di un nuovo, grandioso tempio, a protezione dell’affresco. I lavori iniziarono nel 1550, su progetto di Galasso Alghisi di Carpi, all’epoca impegnato nel cantiere della Basilica di Loreto. I lavori procedettero spediti, al punto che, già nel 1566, si poterono considerare conclusi, con il completamento della cupola; l’interno, invece, fu sistemato definitivamente nel 1582.

Edificio armonioso, elegante e compatto, dichiarato monumento nazionale nel 1869, mostra una chiara ascendenza bramantea, architetto che l’Alghisi aveva potuto studiare da vicino sia nella natia Carpi sia a Roma. All’esterno, risaltano le splendidi absidi cilindriche, che ben si armonizzano col corpo di fabbrica.
La facciata, tuttavia, non rende giustizia alla bellezza architettonica dell’edificio. Completata nel 1590, fu sicuramente disegnata da un architetto diverso, di minor talento. Divisa su due piani e conclusa da un timpano, mossa da coppie di lesene, risulta piatta e stantia.
L’interno è a croce greca con braccia absidate; al centro si erge un’imperiosa cupola ottagonale con tamburo, che poggia su quattro pilastri quadrangolari. Ad ogni abside, inoltre, corrispondono due cappelle laterali voltate: grazie a questo artificio, la pianta della chiesa risulta così quadrata.
Vi si conservano alcuni dei più importanti capolavori pittorici di Macerata, a dimostrazione della grande venerazione a cui fu soggetta dopo la sua costruzione. Entrando nella chiesa e visitandola verso destra proseguendo in senso orario, si incontra subito la Cappella Pancalducci, costruita nel 1580-81. Al suo interno, inquadrata in una cornice manierista con putti e talamoni, vi è la pala con Sant’Anna e la Madonna bambina e i Santi Emerenziana, Francesco da Paola, Antonio, Andrea Corsini, Orsola e Giuliano, realizzata dai fratelli ravennati Giovanni Battista e Francesco Reguzzini. Ai piedi della tavola, in atto di preghiera, si riconoscono anche i coniugi Pancalducci, a cui si deve la commissione. Ai lati della cornice vi sono inoltre affrescate le sante Maddalena e Elisabetta; mentre ai lati vi sono altri due dipinti: lo Sposalizio della Vergine e la Storia di San Gioacchino.
Si prosegue verso la Cappella Panici, terminata nel 1622. Vi si conserva un dipinto murario con la Vergine Assunta e Santi, tra cui il raro Sant’Alberto Carmelitano, realizzato da Felice Damiani di Gubbio (tardo XVI secolo).
La terza cappella è quella dedicata a Santa Maria delle Vergini: è qui che si conserva l’affresco miracoloso del 1533, talvolta attribuito a Lorenzo Pittori o a Giuda da Matelica. Incorniciato da un’ampia tribuna manierista, il dipinto mostra il tradizionale soggetto della Madonna della Misericordia in atto di accogliere sotto il proprio mantello i fedeli in preghiera, in questo caso dei giovani adolescenti di ambo i sessi. Nel timpano sopra l’affresco vi è la tela con la Fuga in Egitto del Cavalier d’Arpino, datata 1640. Ai lati altri due dipinti: un’Annunciazione, forse realizzata da un allievo dello stesso Arpino, e la Visitazione del 1650.
Si prosegue poi con la Cappella Ferri. Se la Crocifissione dell’altare risulta poco interessante, diverso è il discorso per quel che riguarda il dipinto posto a sinistra: si tratta infatti dell’Adorazione dei Magi del Tintoretto, datata 1587, e qui inviata direttamente dalla sua bottega veneziana. Di fronte, invece, vi è la copia dell’Adorazione dei pastori di Pieter Rubens conservata a Fermo.
La quinta cappella è la Cappella Fata, dal nome del committente, Annibale Fata. Vi si conserva una Santa Teresa di gusto manierista, che sappiamo essere nella cappella già nel 1626.
Ci spostiamo poi verso la Cappella Maggiore, terminata nel 1597 dal maceratese Gasparo Gasparrini e dagli anconetani Vincenzo e Cesare Conti. Il tema dominante è quello dell’Eucarestia.
La Cappella Ciccolini fu completata nel 1594, mentre il dipinto d’altare fu completato soltanto nel 1600. Vi è rappresentata l’Incoronazione della Vergine e San Francesco in adorazione, realizzata da Giuseppe Bastiani da Macerata, autore anche degli altri due dipinti della cappella: la Natività e la Circoncisione di Gesù.
L’ottava cappella è la Cappella Albani, completata nel 1857. Dipinta da Gaspare Gasparrini, presenta sopra l’altare una Vergine col bambino i Santi Girolamo e Nicola. Ai lati della cornice, invece, vi sono affrescati San Fabiano e Sant’Angelo martire. Completa la decorazione i due dipinti delle pareti, ovvero due storie tratte dalla vita del profeta Elia. A sinistra: dal cielo scende il fuoco che consumava la vittima sacrificale, tra lo sbigottimento dei falsi profeti; a destra: il popolo, resosi conto che il vero Dio è quello predicato da Elia e che i profeti di Baal lo hanno ingannato, li rincorre presso un torrente e li passa a fil di spada.
Segue la Cappella San Filippo, la nona della successione. Qui in origine vi era l’ingresso all’antico convento, pertanto fu decorata soltanto in epoca più tarda, nel 1745. La tavola sopra l’altare, con l’Estasi di San Filippo, fu realizzata nella prima metà del XVIII secolo nella bottega del bolognese Giuseppe Marchesi, ed era in realtà destinata alla chiesa di San Filippo a Macerata. Si trova qui soltanto perché non piacque agli originale committenti.
La Cappella Mozzi, iniziata nel 1573 e completata soltanto dopo il 1577, fu anche questa decorata da Gaspare Gasparrini. La tavola al centro, alquanto rovinata, mostra un’Ascensione della Vergine, ai lati della cornice vi sono dipinti San Giuliano e San Nicola da Tolentino. Completano i due dipinti delle pareti laterali: una Presentazione al tempio e una Natività di Maria.
Conclude la visita la Cappella del Battistero, posta a sinistra dell’ingresso. Si tratta di una delle cappelle più recenti: originariamente intitolata a santa Maria Maddalena de’ Pazzi, fu costruita soltanto dopo la sua canonizzazione, avvenuta nel 1670. In epoca fascista vi fu collocato il battistero. La tela rappresenta l’Esaltazione di Maria Maddalena de’ Pazzi, e fu eseguito nel 1736 da Filippo Palazzetti; gli ornamenti esterno sono, invece, di Giulio Candotti (1743).
Accanto alla cappella della Madonna delle Vergini, vi è il corpo imbalsamato di un coccodrillo, collocato qui già nel Cinquecento. Esso sarebbe il corpo del coccodrillo che aveva fatto la tana sul Chienti, e da qui attaccava le persone. Un contadino del luogo, invocando la Madonna delle Vergini, lo attaccò riuscendo a ucciderlo, per poi donarne il corpo al santuario.
In Italia soltanto altre due chiese “ospitano” un coccodrillo, nel mantovano e nel bergamasco.

Collegamenti a Social Networks